North Carolina, 1950 – Elliott Erwitt

North Carolina 1950, Elliott Erwitt

Non è facile trovare immagini che riescano con tanta semplicità a disarmare il proprio osservatore, portandolo di fronte all’assurdità del razzismo con tanta cinica naturalezza.


Corre l’anno 1950 e la segregazione razziale nel sud degli USA è ancora terribile realtà. Sono gli anni dell’odio, di bagni, locali e posti a sedere differenziati, della privazione del diritto di voto e di vite vissute ai margini. Anni ancora troppo poco maturi per le lotte di Rosa Parks, Martin Luther King e di tutti i movimenti che avrebbero restituito alla comunità nera la dignità e i diritti negati.

La storia

Elliott Erwitt ha 22 anni e si trova in North Carolina per fare visita ad un amico. Non ha progetti fotografici in corso o compiti da portare a termine, ma ovviamente ha con sé la sua macchina fotografica. L’immagine che si trova davanti è chiara, pulita, geometrica. Su una parete nuda due lavandini se ne stanno a debita distanza, rappresentano due mondi speculari, opposti e contrari. A sinistra, solido e compatto, c’è un lavello nuovo e pulito; poco sopra una targhetta recita “WHITE”. A destra, sospeso sul muro, se ne sta un vecchio e scrostato erogatore d’acqua, la sua etichetta dice “COLOURED”, per tutti coloro che non sono bianchi.

In una sola immagine, incisiva e potente, Erwitt ci propone la grottesca realtà che non stupisce, per quanto ordinaria, quasi banale. Lo stesso autore, a sua volta vittima delle leggi razziali per cui fu costretto a fuggire dall’Europa, ci svela che al momento dello scatto non si trattava di un’immagine strana, ma solo di una sua reazione alla realtà, all’usuale. E proprio qui si disegna la forza dello scatto.

North Carolina 1950, Elliott Erwitt
North Carolina 1950, Elliott Erwitt

L’immagine

Una linea immaginaria, aiutata dall’inquadratura frontale, divide l’immagine a metà; la composizione accentua la scissione profonda che esiste fra due mondi che convivono ma separati da mura invisibili. Il ragazzo sulla destra è sfocato, in movimento, pronto a tornare ai margini da dove è venuto. Il suo volto non è visibile ma la direzione del viso sembra quasi suggerire che stia guardando il lavandino alla sua destra. Erwitt scattò una foto solo con il muro spoglio e i due lavabi, che da sola sarebbe stata forte abbastanza da veicolare il messaggio, ma la presenza del giovane rafforza il concetto, caricando l’immagine di tensione e drammaticità.

In questa foto la geometria speculare, alimentata da un bianco e nero semplice ed essenziale, ci pone di fronte agli occhi una realtà indegna ma chiara come le due etichette che regolano questo mondo. La limpida e accettata condizione della disuguaglianza. Il tubo che insieme unisce e separa il lavandini è lo stesso, così come l’acqua che vi scorre dentro, eppure, le regole a cui ci siamo abituati ci dicono che non occupiamo tutti la stessa posizione nel mondo. 

Sembra quasi impossibile che, a distanza di settant’anni, questa foto sia ancora così attuale, eppure, nella sua compostezza, sembra quasi eterna. Allo stesso modo ci appare eterna la condizione di discriminazione nella nostra società, che sembra inciampare sempre sui soliti errori, incapace di crescere e migliorare.

“Until the philosophy which holds one race superior and another inferior is finally and permanently discredited and abandoned, everywhere is war.”

Haile Selassie I

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